Prof Avv. . Massimiliano Uccelli
Ma questa pandemia colpisce piu' gli uomini o le donne?
Ci viene in aiuto il Ministero della salute che sul suo sito istituzionale ci fornisce alcune interessanti precisazioni.
La comunità scientifica, infatti, sulla base dei dati disponibili ha evidenziato differenze tra uomini e donne nel contrarre l’infezione da Sars-CoV-2 e nello sviluppare la malattia definita Covid-19. I dati finora mostrano che le donne tendono ad ammalarsi meno rispetto agli uomini, in quanto sviluppano una migliore risposta immunitaria, sono più attente all’igiene personale e meno inclini al tabagismo.
I dati indicano che globalmente, le donne, rispetto agli uomini, presentano meno complicanze e hanno una minore mortalità, come testimoniato dalla mortalità degli uomini con meno di 65 anni che è doppia rispetto alle donne della medesima fascia di età, anche in assenza di complicanze.
Queste differenze possono essere spiegate da meccanismi biologici, sessuali e ormonali. Il virus entra all’interno della cellula dell’ospite attraverso il legame tra la proteina Spike presente sul virus e la proteina, o recettore, denominata ACE2 presente sulla cellula dell’ospite. L’ACE 2 svolge una funzione protettiva nei confronti di importanti organi come il cuore, il rene e il polmone ed è maggiormente espressa nell’organismo femminile. Quando il virus si lega con l’ACE2 ed entra nella cellula fa diminuire l’espressione dell’ACE2, sottraendola allo svolgimento della sua funzione protettiva. Si ipotizza quindi che la maggiore presenza di ACE2 nelle donne permetta di mantenere livelli adeguati anche quando il virus ne utilizza una parte per penetrare nei tessuti.
Anche la risposta immunitaria mostra, tra il sesso maschile e quello femminile, alcune differenze che sono influenzate da numerosi fattori inclusi gli ormoni, l’età, l’assetto cromosomico e componenti di “genere”, quali aspetti psicosociali e ambientali.
Gli individui di sesso maschile mostrano maggiore prevalenza e gravità di infezioni batteriche, virali e parassitarie rispetto al genere femminile. Le donne presentano inoltre una maggiore risposta alle vaccinazioni, ma anche a un incremento del rischio di reazioni avverse.
·Rischio contagio- In base ai dati attualmente disponibili, complessivamente le diagnosi di Covid-19 hanno riguardato in misura minore le donne rispetto agli uomini: circa il 51,6% dei casi si è verificato in soggetti di sesso maschile, circa il 48,4% in soggetti di sesso femminile.
·Gravidanza - La gravidanza comporta cambiamenti del sistema immunitario, che possono aumentare il rischio di contrarre infezioni respiratorie virali, tra cui quella da SARS-CoV-2. Tuttavia, ad oggi, come evidenziato dal Report dell’Iss “Indicazioni ad interim per gravidanza, parto, allattamento e cura dei piccolissimi di 0-2 anni in risposta all’emergenza COVID-19” le donne in gravidanza non sembrano essere a maggior rischio rispetto alle non-gravide per infezione grave da COVID-19 che richiede il ricovero ospedaliero. La prevalenza e le manifestazioni cliniche della patologia da COVID-19 in gravidanza risultano essere sostanzialmente simili alla popolazione generale. La trasmissione verticale del virus SARS-CoV-2 è possibile. Nonostante le evidenze siano ancora scarse, ad oggi viene comunque considerato un evento raro. In Italia i casi di positività tra i neonati sono vari, presumibilmente infettati a seguito del contatto con la madre positiva durante o dopo il parto. Questi bambini, però, non hanno presentato sintomi importanti e la condizione non desta particolari apprensioni.
·Vaccinazioni anti Covid-19 e gravidanza - La preoccupazione di sottoporsi a una vaccinazione in gravidanza, in assenza di dati di sicurezza ed efficacia dei vaccini contro COVID-19 per questo target di popolazione, è oggetto di dibattito a livello nazionale e internazionale. Le indicazioni dei diversi Paesi prevedono l’offerta vaccinale per queste donne subordinata a una valutazione individuale del profilo rischio/beneficio, facilitata da un colloquio informativo con i professionisti sanitari.
Le indicazioni ad interim fornite dall’Italian Obstetric Surveillance System (ItOSS) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) al 31 gennaio 2021 sono le seguenti:
·le donne in gravidanza e allattamento non sono state incluse nei trial di valutazione dei vaccini Pfizer-BioNtech mRNA (Comirnaty), Moderna e AstraZeneca per cui non disponiamo di dati di sicurezza ed efficacia relativi a queste persone;
·gli studi condotti finora non hanno evidenziato né suggerito meccanismi biologici che possano associare i vaccini a mRNA ad effetti avversi in gravidanza e le evidenze di laboratorio su animali suggeriscono l'assenza di rischio da vaccinazione;
·al momento le donne in gravidanza e allattamento non sono un target prioritario dell'offerta di vaccinazione contro il COVID-19 che, ad oggi, non è raccomandata di routine per queste persone;
·dai dati dello studio ItOSS - relativi alla prima ondata pandemica in Italia - emerge che le donne in gravidanza presentano un rischio basso di gravi esiti materni e perinatali e che le comorbidità pregresse (ipertensione, obesità) e la cittadinanza non italiana sono significativamente associate a un maggior rischio di complicanze gravi da COVID-19;
·la vaccinazione dovrebbe essere presa in considerazione per le donne in gravidanza che sono ad alto rischio di complicazioni gravi da COVID19. Le donne in queste condizioni devono valutare, con i sanitari che le assistono, i potenziali benefici e rischi e la scelta deve essere fatta caso per caso;
·se una donna vaccinata scopre di essere in gravidanza subito dopo la vaccinazione, non c'è evidenza in favore dell'interruzione della gravidanza;
·se una donna scopre di essere in gravidanza tra la prima e la seconda dose del vaccino può rimandare la seconda dose dopo la conclusione della gravidanza, eccezion fatta per i soggetti ad altro rischio.
·Parto- Le donne in gravidanza positive al nuovo coronavirus non devono necessariamente effettuare un parto cesareo. In relazione alle attuali conoscenze, infatti, non c'è indicazione elettiva al taglio cesareo nelle donne positive al nuovo coronavirus e rimangono valide le indicazioni attuali al taglio cesareo. L’analgesia epidurale non è controindicata in caso di infezione da SARS-CoV-2 e dovrebbe, anzi, essere raccomandata per ridurre il ricorso all’anestesia generale nel caso in cui sia necessario ricorrere a un taglio cesareo in urgenza/emergenza.
·Allattamento - Come evidenziato nel Report dell’Iss “Indicazioni ad interim per gravidanza, parto, allattamento e cura dei piccolissimi di 0-2 anni in risposta all’emergenza COVID-19” l’infezione da COVID-19 non è una controindicazione all’allattamento. Al momento, il rischio connesso all’allattamento è legato soprattutto al contatto ravvicinato con la madre, attraverso le goccioline del respiro (droplet). I pochi casi di infezione COVID-19 nei bambini avvenuta per trasmissione orizzontale hanno avuto una manifestazione clinica assente o paucisintomatica. Le donne positive al nuovo coronavirus, quindi, non devono necessariamente rinunciare ad allattare al seno il proprio bambino ed il contatto pelle a pelle non è controindicato per le donne SARS-CoV-2 positive. Il Report dell’Iss evidenzia che durante tale contatto, come pure durante il rooming-in e l'allattamento, è raccomandata l’adozione di misure di prevenzione quali evitare di tossire o starnutire in prossimità del bambino; lavare accuratamente le mani prima di toccare il bambino e/o di spremere il latte (manualmente o meccanicamente), indossare una mascherina chirurgica. Qualora la madre sia paucisintomatica madre e bambino non dovrebbero essere separati. Se la madre presenta, invece, un’infezione con febbre, tosse o dispnea, madre e figlio andrebbero separati. Andrebbe, comunque, evitato il ricorso automatico ai sostituti del latte materno, implementando la spremitura del latte materno o il ricorso al latte umano donato. In base delle evidenze finora disponibili, SARS-CoV- 2 non è stato rilevato nel latte materno.
Non sono disponibili dati specifici sulla sicurezza dei vaccini COVID-19 durante l'allattamento al seno, né sugli effetti dei vaccini a mRNA sul bambino allattato o sulla produzione/secrezione del latte materno. In generale, l'uso del vaccino durante l’allattamento dovrebbe essere deciso dopo aver considerato i benefici e i rischi.
Depressione- La pandemia può rappresentare un “fattore di rischio aggiuntivo” per le donne in gravidanza o che hanno appena partorito. La paura del virus e la riduzione dei contatti con gli altri vanno, infatti, a sommarsi alle difficoltà emotive che possono verificarsi in questa fase della vita. La depressione post-partum colpisce, con diversi livelli di gravità, dal 7 al 12% delle neomamme ed esordisce generalmente tra la 6ª e la 12ª settimana dopo la nascita del figlio, con tristezza senza motivo, irritabilità, facilità al pianto, sensazione di non essere all’altezza. L'ISS ha pubblicato, a riguardo, le Indicazioni di intervento per la gestione dell’ansia e della depressione perinatale nell’emergenza e post-emergenza Covid-19. Tra i vari punti descritti dal programma sono previsti l’attuazione di screening precoci per l’identificazione del rischio ansioso-depressivo anche da parte di ginecologi, ostetriche o pediatri, ed interventi portati avanti dai consultori o dall'ospedale attraverso incontri individuali o di gruppo, anche tramite piattaforme online e servendosi dell’aiuto di App telefoniche. Progressivamente si sta tornando a gestire la richiesta di assistenza psicologica attraverso la rete di strutture e professionalità del Servizio sanitario nazionale.
· Mortalità - Le donne hanno un rischio inferiore di sviluppare forme gravi o letali di Covid-19 rispetto agli uomini. L'analisi Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 dell'ISS relativa ad un campione di 85.418 pazienti deceduti e positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia, ha evidenziato che le donne sono circa 37.295 (43,7%) ed hanno un'età maggiore rispetto agli uomini (86 anni a fronte di 80 anni). Per spiegare questo fenomeno sono state avanzate alcune ipotesi, tra cui il possibile ruolo protettivo degli estrogeni nelle donne in età fertile. Gli estrogeni, infatti, sono in grado di aumentare la presenza di ACE2 (Angiotensin Converting Enzyme 2, Enzima di Conversione dell'Angiotensina), recettore mediante cui SARS-CoV-2 penetra nelle nostre cellule, facendo sì che questo enzima, anche dopo l'infezione, riesca a svolgere la sua funzione di protezione, in particolare nei confronti dei polmoni.
Fonte salute.gov.it
Aprile 2021
REALIZZATO CON FONDI DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO. RIPARTO 2020
Comments