(di Chiara Pazzaglia)
La pandemia da Covid-19 ha avuto ricadute importantissime sui consumi e sui consumatori.
Basti considerare come, nel paniere dei prezzi al consumo del 2021, siano entrate anche le mascherine. Un bene di cui i più ignoravano totalmente l’esistenza fino a un anno fa e, successivamente, divenuto l’oggetto del desiderio di tutti gli italiani. Ricorderemo a lungo la corsa all’accaparramento dei dispositivi di sicurezza e dei disinfettanti, cui siamo andati incontro quando la pandemia ci ha travolti in tutta la sua tragicità. In fondo, si è trattata di una lezione pratica di microeconomia: è la domanda che fa il prezzo. Inizialmente, abbiamo pagato qualche euro mascherine che, oggi, vengono vendute a 20, 25 centesimi, come era il loro costo anche prima dell’avvento del Covid-19. Abbiamo assistito all’accaparramento di guanti usa e getta e di gel disinfettante per le mani. Allo stesso tempo, abbiamo ricevuto anche una lezione di macroeconomia: la Cina ci ha rifornito di mascherine, talvolta di dubbia efficacia, ma accolte come il Sacro Graal della salute pubblica, con tanto di comitato di benvenuto istituzionale in aeroporto. In seguito, alcune delle nostre aziende hanno riconvertito la produzione, o almeno una parte di essa, per venire incontro alle esigenze dei cittadini, ma anche per non dover cessare l’attività. Tra senso di responsabilità ed emergenza economica, dalla Fiat alla Ferrari nessuno si è tirato indietro. Il nostro territorio dell’Emilia-Romagna è stato determinante nel contrasto al dilagare della pandemia. Non solo in senso clinico e sanitario. Pensiamo ad interventi provvidenziali come quello di Siare, azienda da 35 dipendenti con sede a Crespellano, nella pianura bolognese: è una delle 4 al mondo a produrre ventilatori polmonari e, da marzo scorso, lo fa solo per gli ospedali italiani, con il supporto di alcuni tecnici dell’esercito. Non capitava dalla Seconda Guerra Mondiale che i militari venissero inviati a lavorare in un’azienda privata. Ma, in fondo, siamo in guerra anche adesso: con un nemico invisibile, ma potentissimo, che si chiama Covid-19. La Siare non è molto presente negli albi fornitori degli ospedali italiani: la produzione resta nel nostra Paese per una quota marginale, il 9%. Il 91% va all’estero. Questo la dice lunga sulle difficoltà che incontrano le imprese italiane: la burocrazia appesantisce tutto, proprio come spesso avviene per i privati cittadini. Eppure, alla chiamata del Governo, la risposta positiva dell’azienda è stata immediata. Le macchine, da allora, sono rimaste tutte in Italia, vendute a 9.500 euro l’una, a fronte del costo commerciale di 17.000. Non sono state da meno le altre 50 aziende, che in un mese hanno intensificato o riconvertito la produzione. Non lo sono state nemmeno le tante, sconosciute sartine di periferia, si sono messe a cucire mascherine ininterrottamente, con i loro mezzi artigianali.
La mobilità sostenibile
È stato questo impegno collettivo di responsabilità a contribuire all’assestamento del prezzo di mercato dei dispositivi di sicurezza. La pandemia ha messo in grave crisi alcuni settori, come vedremo più avanti: il Governo precedente ha reagito introducendo innumerevoli misure di compensazione, seguendo una logica del bonus non sempre utile e coerente. Uno di questi, però, ha contribuito ad un’altra new entry nel paniere dei prezzi a consumo: i monopattini elettrici. Il voucher erogato ha contribuito a creare un nuovo bisogno nei consumatori. L’esigenza di adottare stili di vita più sostenibili è presente da tempo. I trasporti sono forse il primo e il più immediato dei campi su cui ognuno pensa di poter intervenire in ottica green. Il contributo pubblico, però, ha dato avvio a una campagna di acquisti che, probabilmente, non sarebbe stata della stessa portata, senza questo incentivo. Il click day del 3 novembre scorso, tra sito in tilt e fondi esauriti, non aveva accontentato tutti gli utenti. Dunque, una seconda possibilità è stata offerta il 15 febbraio, ma solo per chi era rimasto escluso dalla prima tranche, pur avendo già effettuato l’acquisto nella speranza del contributo, ammontante al 60% del costo della bici o monopattino elettrico, fino a un massimo di 500 €. Per i monopattini, Bologna si era già dotata di norme prima del boom: dal 2019, infatti, ha adottato un regolamento apposito, che stabilisce dove possono circolare, a quale velocità, dove parcheggiarli e le caratteristiche di sicurezza indispensabili.
Le abitudini di consumo
La pandemia non ha modificato solo la composizione del paniere dei prezzi al consumo, ma anche le abitudini dei consumatori e, di conseguenza, l’assetto dell’economia nazionale. Nel giro di appena 12 mesi, le limitazioni imposte dalla pandemia hanno portato ad una riduzione di 137 miliardi di euro per i consumi, di cui 36 da addebitare all'assenza di turisti: abbastanza da riportare la spesa ai livelli del 1997, un passo indietro di 24 anni. Il dossier "Le imprese nella pandemia: marzo 2020 - marzo 2021", elaborato da Confesercenti, parla di "catastrofe economica". Siamo di fronte ad un impoverimento generale, che ha bruciato 183 miliardi di euro di Pil e fatto perdere il lavoro, secondo l’Istat, a 444mila lavoratori nel 2020, di cui 262mila autonomi. Solo a dicembre 2020, sono stati 101mila i nuovi disoccupati, di cui 99mila donne.
Un danno che potrebbe diventare irreversibile se davvero, come da previsioni, quest’anno chiudessero i battenti 450mila imprese del commercio, cancellando, dunque, circa 2 milioni di posti di lavoro. I “ristori” previsti sinora non saranno sufficienti a salvarle. A subire la contrazione più pesante è stata la spesa in alberghi e ristoranti (-46 miliardi di euro) e trasporti (-28,2 miliardi), ma la crisi ha coinvolto anche i consumi culturali e ricreativi (-17,3 miliardi) e il settore della moda (-13,1 miliardi). Sul fronte occupazionale, commercio, turismo e somministrazione hanno registrato, nel solo 2020, una diminuzione di 192mila dipendenti, mentre per le attività culturali e ricreative la flessione è di 13mila posti.
Tra lockdown e restrizioni “a colori”, in questo anno di pandemia circa 2,6 milioni di imprese sono state sottoposte a limitazioni: si va da un minimo di 69 giorni di chiusura completa ad un massimo di 154 giorni. Il taglio delle buste paga è stato, secondo la Uil, di 8,7 miliardi di euro. La nostra Emilia-Romagna è terza, dopo Lombardia e Veneto, nella triste classifica delle perdite: 840 milioni di euro. Concausa la cassa integrazione: 4,3 miliardi di ore autorizzate nell'anno 2020, numeri mai raggiunti in precedenza. I 7 milioni di beneficiari hanno perso, secondo il sindacato, una media di 1.243euro netti pro-capite annui.
Riprenderemo a consumare come prima?
Questo impoverimento generale ha stravolto i comportamenti di consumo e di acquisto delle famiglie italiane, limitando le spese ai soli beni essenziali e ai device per supportare il lavoro e lo studio da casa, uniche voci in crescita. L’utilizzo dell’e-commerce ha avuto un aumento del 30%, corrispondente al calo che hanno avuto, invece, gli esercizi al dettaglio. Ma quando, si spera, questa pandemia sarà finita, torneremo a consumare come prima? Difficile, ad oggi, fare previsioni, ma pare di no. Gli esperti dicono che sul lavoro a distanza, o sulla DAD, sarà impossibile ritornare ai livelli pre-Covid-19. Si può ipotizzare dunque che, anche per i consumi, andremo incontro ad una ibridazione: non torneremo come prima, ma impareremo a convivere con diversi canali di approvvigionamento e abitudini mutate. Non si tratta solo di una questione di livello della domanda di singoli beni, quanto della scala delle nostre future priorità e dei modi con cui ci approcceremo agli acquisti. Anche perché è presto per dire come usciremo dalla pandemia: potremmo andare incontro per anni a fasi alterne di misure di contenimento. Dunque, la “stagionalità” degli acquisti potrà legarsi anche questo. Un altro elemento dirimente sarà costituito dalle misure di sostegno attuate dal governo e dalle conseguenti condizioni reddituali delle famiglie. Infine, incideranno anche aspetti più di stampo psicologico: la paura e l’incertezza possono influire in maniera irrazionale sui comportamenti di consumo.
Prometeia, la società bolognese di consulenza e ricerca economica, ha analizzato i consumi mensili di una famiglia media nel periodo pre-Covid e li ha confrontati con quelli delle fasi di emergenza. I consumi alimentari, i prodotti per l’igiene personale e della casa e i farmaci hanno avuto un aumento, a discapito di beni voluttuari e dei servizi legati alla mobilità. Con la ripresa delle attività economiche le famiglie, probabilmente, saranno disposte a spendere qualcosa in più, in particolare per il miglioramento delle dotazioni della propria abitazione, diventata ormai il fulcro non solo della vita domestica e del tempo libero, ma anche del lavoro e della didattica a distanza. Questo genere di spese difficilmente andranno scemando nel breve periodo: la ricerca di un nuovo equilibrio, infatti, si accompagnerà a lungo con l’interiorizzazione della paura e del cambiamento che abbiamo subito. Questa nuova distribuzione dei consumi si prevede possa andare ad acuire le diseguaglianze sociali: pensiamo al cosiddetto digital divide, ma anche alle condizioni abitative delle persone e alla capacità di spesa per la propria sicurezza e per la salute. Il gap che va formandosi non dipende solo dalle condizioni reddituali, ma anche dalla capacità di utilizzo delle tecnologie: pensiamo in particolare agli anziani, o ai cittadini stranieri. Anche dove non presentino condizioni economiche disagiate, il loro difficile approccio alle tecnologie, divenute ormai indispensabili, potrebbe condizionare fortemente le loro scelte di consumo, ma anche il loro benessere.
Nuovi stili di vita
In sintesi, nuovi stili di vita guideranno la ricomposizione del paniere di spesa delle famiglie verso un nuovo equilibrio, che, con ogni probabilità, vedrà una diminuzione dell’acquisto dei beni cosiddetti voluttuari, ma un incremento di quelli usufruiti da e nella propria abitazione. I servizi online da casa, la pay tv, gli e-commerce, i servizi per il lavoro e la didattica a distanza, i prodotti per l’igiene personale e degli ambienti, le prestazioni sanitarie avranno ruolo di protagonisti. Si rafforzerà il valore della casa come luogo da vivere, comportando un maggiore bisogno di migliorare il comfort domestico, attraverso il rinnovo degli arredi e l’adeguamento di spazi, e la dotazione tecnologica, sia per il lavoro e lo studio, sia per l’intrattenimento. Resterà infine elevata l’esigenza di valorizzare il tempo libero e la relazione sociale, sostenendo la graduale ripresa della domanda di servizi ricreativi e culturali verso i livelli pre-Covid.
L’analisi e i ragionamenti riportati forniscono quindi la risposta alla domanda iniziale: no, non torneremo più a consumare come prima. Siamo diventati più attenti alle spese superflue, più poveri, ma anche più sensibili al tema della sostenibilità ambientale e dei corretti stili di vita. La più famosa società di consulenza al mondo, la Mckinsey&Company, ha condotto uno studio che individua i cinque nuovi trend di consumo, legandoli non solo all’incertezza dell’andamento della pandemia, ma anche a quella economica in generale. Il primo, secondo la loro analisi, è la preferenza per i prodotti meno cari, legata a un pessimismo generalizzato verso il futuro. I consumatori più giovani vanno alla ricerca di nuovi marchi e nuovi rivenditori: si punta su prodotti di nicchia, magari sponsorizzati dai cosiddetti influencer. Per i brand più famosi, hanno avuto un boom le piattaforme di e-commerce destinate alla rivendita dell’usato: dopo Depop, è approdata in Italia anche Vinted, che invita a “vuotare l’armadio” da ciò che non usiamo più. “Se non lo usi, vendilo” è lo slogan di questa startup nata nel 2008 in Lituania e appena arrivata nel nostro Paese, il 2 dicembre del 2020. Lo scopo dichiarato è la sostenibilità e la lotta allo spreco, ma spesso si trovano ottimi affari. Questa ricerca di prodotti economici, secondo McKinsey, è infatti oramai inscindibile da una maggiore sensibilità verso temi ecologici ed etici, che riguardano le modalità di produzione, l’impatto ambientale, ma anche il trattamento riservato dalle aziende venditrici ai propri dipendenti.
A restare oltre la pandemia, poi, sarà anche la tendenza a trascorrere più tempo a casa. Le persone sono ancora preoccupate dai rischi connessi alle attività che possono essere svolte fuori casa e sono disposti a fare acquisti nei negozi solo se si sentono al sicuro. Da ciò, il successo dei servizi digitali come lo streaming online e le consegne a domicilio. D’altra parte, il 31% degli europei ritiene che il Covid avrà un impatto duraturo sull'economia, contro il 4% in Cina e il 17% negli Stati Uniti.
L’impatto sui consumi alimentari
La pandemia sta modificando anche i consumi alimentari degli italiani, spingendoli maggiormente verso i prodotti locali e certificati. Si stima che il 70% delle persone acquisti spesso o sempre prodotti Dop, Igp o comunque certificati da un sistema di qualità. La preferenza per i prodotti locali e il Made in Italy è ancora maggiore tra le persone sopraffatte dalla paura del Covid-19. È uno dei dati emersi dall'indagine realizzata dall’EngageMinds HUB, il Centro di ricerca dell'Università Cattolica. La ricerca è iniziata con una prima survey lanciata a fine febbraio 2020, alla quale hanno fatto seguito altre due rilevazioni (a maggio e settembre), sino alla quarta di poche settimane fa: nel complesso sono state intervistate oltre 4.000 persone. È emerso come oltre la metà degli intervistati abbia acquistato cibi a "Km 0", ovvero prodotti localmente, facendo notare come la provenienza dei prodotti alimentari pesi notevolmente nei consumi.
Il futuro dei consumi
Come abbiamo visto, ci sono dunque diversi elementi che incidono fortemente sul cambiamento nei consumi degli italiani. L’impoverimento, il mutamento delle abitudini dovuto alle restrizioni, l’impatto psicologico della pandemia hanno portato a ridefinire profondamente il quadro degli acquisti. Sarà una condizione duratura? È presto per dirlo. Senz’altro, su alcune cose non sarà possibile tornare indietro. Abbiamo migliorato le nostre case, mangiato forse di più, ma meglio, abbiamo risparmiato su cinema, ristoranti, teatri, concerti e non è detto che, quando riapriranno, ci andremo: avremo ancora a lungo paura del virus, nonostante il crescente bisogno di svago e relazioni. Solo tra qualche mese potremo capire meglio se torneremo ad essere quelli di prima: di certo, non saremo la stessa tipologia di consumatori di un anno fa.
Bologna, marzo 2021
REALIZZATO CON FONDI MINISTERO SVILUPPO ECONOMICO – RI
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